Anche una sola goccia di sole

Eravamo tutti accecati dalle paillette, avvolti in una grossa ragnatela luccicante; brillavamo dentro quei suoni come una perla protetta nella sua bivalve. Te l’avevo urlato tante volte nelle orecchie, Carlo:  “Noi siamo il futuro; figli di quelli delle tre pere al Brasile di Falcao, del paese più bello del mondo, del sole, del cibo buono”.  Il trailer dorato ci gonfiava al ritmo sincopato della dance, saremmo diventati ricchi e splendidi noi, tutta quella solarità ci stava bruciando la retina. Avevamo visto Maradona e ci eravamo innamorati. Non poteva fermarci nessuno ma, oggi, svapando da una sigaretta elettronica che risulta sexy come una persona imbustata in una blusa di tre taglie più grande, mi rendo conto che il termine svapare fa schifo e che noi che pensavamo a fare i giovani e basta mo siamo rimasti fregati. Ho quasi quarant’anni: non mi sono riuscito a comprare né una macchina, né una casa; il fertily day è passato da poco; la sigaretta elettronica fa schifo; una domanda però me la pongo: cosa c’è di davvero fertile nella mia vita? Ripercorro nella mia mente quei giorni, trovo nell’armadio il bomber arancione che mettevo nelle battaglie quando facevo l’ultrà; chissà come sarebbe stato diverso, Carlo, se fossi venuto a prenderti un giorno, sotto al palazzo tuo con il Sì grigio antracite modificato; avrei detto a tua madre, come al solito: “Signora sono Marco: c’è Carlo?”, allora tu saresti sceso e invece di andare sul motorino in due, senza casco, cantando “chi non salta è cenciarone”, saremmo andati sul motorino,in due, senza casco, per fare la guerra insieme a tutti quelli che sono finiti come noi (Michela: una laurea con lode, dottorato, abilitazione, dieci anni di insegnamento, un concorso vinto e precaria; Francesco, due lauree, dottorato, un concorso vinto e precario; Gianni, ingegnere informatico ex Co.Co.Pro, ex finta partita IVA, ex tempo determinato, neo jobacter). Non eravamo né stupidi, né ignoranti ma intanto, in un’altra dimora, all’interno di un palazzo con le tele di Arras, un vampiro che avrebbe governato il paese stava progettando di rubarci il sole. La gente come noi al sole gli deve la vita, il vampiro no, non ne sa nulla della vita che lo circonda; la gente il sangue se lo tiene stretto nelle vene, il vampiro lo succhia a tradimento e lo piscia nella tazza il sangue degli altri. Questa fantasia mi accende e mi mette in contatto con la mia parte un po’ ingenua e pop. Il fertily day è passato e la mia fertilità sta nella pelle e nei respiri di A quando ci amiamo o quando mio nipote mi fa giocare gli ultimi dieci minuti a FIFA 2016, perché anche se sappiamo entrambi che sono uno scarsone in quel videogioco, non mi farò segnare da nessuno per difendere la sua porta. La mia fertilità sta quando scrivo, cancello, scelgo vocaboli che innalzino o abbassino il tono, segni di interpunzione. La mia fertilità sta quando sorrido, perché i vampiri avranno sempre la peggio se si mettono a sfidare il sole e alla gente, fosse anche una sottile linea di crepuscolo, il sole non glielo leverà mai nessuno.

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